SikSik. Tra realtà e fantasia: i costumi e le scene de La Maria Brasca come al cinema
di Bianca Cattaneo e Chiara Narciso
Il ritorno de La Maria Brasca al Teatro Franco Parenti colora il palinsesto del nuovo anno nel segno del centenario di Giovanni Testori. La Maria torna a teatro indomabile ed esuberante: una tigre, come lei stessa ama definirsi. Un allestimento con attori e maestranze diversi ma che nei suoi cardini si mantiene fedele alle scelte già operate da Andrée Ruth Shammah per la messa in scena del 1992. I costumi così come la costruzione della scena e la scelta delle musiche sono mutuati direttamente dall’allestimento precedente. Una ripresa nel solco della tradizione che non ha voluto disdegnare qualche piccola e golosa novità: prima tra tutti la voce registrata di Adriana Asti che, canticchiando le strofe di Quella cosa in Lombardia ci conduce, in un passaggio di testimone, all’interno dello spettacolo.
La paternità della scenografia è ancora di Gianmaurizio Fercioni, curata nel riallestimento da Albertino Accalai. La scena è strutturata in due sezioni: la casa Scotti, che si ritaglia all’interno della parete di fondo, e la porzione di palcoscenico antistante. I due ambienti si contrappongono innanzitutto per i personaggi che li frequentano: il primo abitato dall’Angelo, l’Enrica e la Maria; il secondo è il nido d’amore della Brasca e del suo bijou, il Camisasca. La casa, di cui intravediamo l’interno, è arredata con mobilio e oggetti perfettamente anni ‘50 e si colloca in una posizione sopraelevata: la protagonista la raggiunge attraverso una scala che ricorda, anticipandola, l’iconica scalinata della scena finale di The Truman Show. Così come nel film, la metafora cinematografica è evidentissima: gli spazi della casa si aprono al pubblico come se fossero un grande schermo su cui vengono proiettate le scene domestiche. La parte anteriore del palco, d’altra parte, è allestita come un piccolo cinema all’aperto e in disuso, con vecchie sedie di legno rivolte alla parete di fondo e in cui si collocano incontri, litigi e le «morosate» dei due amanti.
I protagonisti si innamorano in un luogo abbandonato: lo stesso da cui erano state sottratte le porte che ritroviamo collocate nell’allestimento della Maria Brasca. Uno spettacolo che, insomma, vuole legarsi materialmente alla storia, non solo del testo testoriano ma anche del Pier Lombardo. Quanti teatri, spesso sedi di operetta o cabaret sono stati trasformati in cinema con il boom della settima arte? La stessa sorte era toccata al multisala di epoca neofascista Ars Cinema che poi, per volere del destino, l’arte scenica ha deciso di riprendersi.
Così come la scena anche i costumi arrivano direttamente dalla versione interpretata da Adriana Asti. La Maria del ‘92 li cede a Marina Rocco, a cui calzano perfettamente – come sottolineato anche da Shammah durante la conferenza stampa – confermando quanto l’attrice fosse idonea per questo ruolo. Simona Dondoni, responsabile di sartoria, si è occupata del riallestimento dei costumi ideati nel 1992 proprio da sua nonna. In un ricordo intimo condivide con gli spettatori alcuni appunti personali della sarta sui dettagli dei costumi delle singole scene, pensando all’eredità preziosa che ha ricevuto nel suo lavoro e alla continuità che si ritrova nel riallestimento de La Maria Brasca. «Adriana, inizio scena. In cucina, sotto il letto, scarpe beige. Pantofole sul letto, camicetta verde, gonna scozzese, borsa bianca appesa dietro…». «Ritrovare questo foglio è stata una grande emozione, come scoprire un piccolo tesoro. Mi diverte pensare a lei appuntarsi tutto. Si è rivelato una ricchezza per le minuziose indicazioni che riporta, fondamentali per definire stoffa, fiorellini e infiniti dettagli dei costumi di scena per questo allestimento», afferma Dondoni.
Il rifacimento dunque, in continuità con il passato, oppone l’iper-realismo dell’interno della casa e dei costumi con la semplicità del cinema all’aperto composto di pochi elementi. La metafora visiva della sala cinematografica, oltre ad evocare un affettuoso rimando alla storia stessa del Parenti individua i due spazi della vita della Maria: quello della casa, da cui ha deciso di scappare, e quello dell’amore con il Camisasca, in un rapporto in cui la storia d’amore prende il posto della realtà e viceversa.