da Hans Christian Andersen
drammaturgia e regia Tonio De Nitto
con Benedetta Pati, Francesca De Pasquale, Antonio Guadalupi, Luca Pastore
produzione Factory Compagnia Transadriatica / TIR Danza / Fondazione Sipario Toscana
È il racconto del diario di un piccolo cigno, creduto anatroccolo, che attraversa varie tappe della vita come quelle raccontate nella storia originale, e compie un vero viaggio di formazione alla ricerca di se stesso, del proprio posto nel mondo e alla scoperta della diversità come elemento qualificante e prezioso.
La nascita e il rifiuto da parte della famiglia, la scuola e il bullismo, il mondo del lavoro, l’amore che nasce improvvisamente e rapidamente può scomparire anche per cause esterne non riconducibili a noi, la caccia e poi la guerra come orrore inspiegabile agli occhi di chiunque.
Tutte le tappe di un mondo ostile, forse, ma che resterà tale solo sino a quando il nostro “anatroccolo” non sarà in grado di guardarsi negli occhi e accettarsi così come è, proprio come accade al protagonista della fiaba di Andersen che specchiandosi nel lago scopre la propria vera identità.
Prima dell’ingresso in sala nel foyer del teatro, verranno messi a disposizione: cuffie antirumore, occhiali oscuranti, giochini per lo stimming.
È possibile scaricare anche i materiali digitali utili alla fruizione da parte di un pubblico con bisogni specifici.
Giocato sui codici della danza e del teatro, con trovate acute e divertenti, con molta semplicità, efficacia e ironia, lo spettacolo non perde di vista il tema della diversità che la protagonista, l’ottima debuttante Francesca De Pasquale, restituisce con grande intensità e umana partecipazione…Di fronte a questo anatroccolo, ridono i bambini, ridiamo noi adulti che li accompagniamo. Ma poi, a ben sentire, cresce un pensiero impastato con un sottile magone. La vita è là, attende questi piccoli spettatori, futuri cittadini: “lieti e pensosi” vanno avanti in questo paese allo sfascio. E un sorriso stempera quella lacrimuccia che svelti svelti asciughiamo per non farci vedere commossi.
– Andrea Porcheddu, glistatigenerali.com
La bellezza di questo spettacolo si riverbera negli occhi dei bambini, che sento curiosi attorno a me mettersi in relazione acuta e non passiva con lo spettacolo, percependone le sfumature di senso, fino a incantarsi dinanzi al finale… Semplicità e immediatezza veicolano agilmente un messaggio da palco a platea, come fosse la cosa più semplice di questo mondo, quasi senza farci accorgere che alla base c’è un fine lavoro di rielaborazione che, passando per l’uso di suoni e immagini, crea una messinscena che possiede lo stesso nitore dell’abito bianco di un cigno sbocciato alla vita.
– Michele Di Donato, ilpickwick.it
L’acquisizione della consapevolezza che deve passare per lo scherno, per il disagio, per l’abbandono è allora iter necessario che il “diverso” deve percorrere, viaggio nel mondo, ma anche in sé, per poter sentire, capire e accettare ciò che davvero è. Nel finale lo specchio d’acqua della favola è un fondale argenteo in cui l’anatroccolo potrà riconoscere la sua vera natura e sui cui potrà imprimersi, come titolo di coda, proprio quella consapevolezza: “Sono io”. La leggerezza è allora viatico di un senso necessario, coraggioso e, propriamente, formativo della coscienza dei futuri adulti seduti in sala.
– Ilena Ambrosio, paneacquaculture.net