uno spettacolo di e con Mario Perrotta
collaborazione alla regia Paola Roscioli
musiche originali e arrangiamenti Vanni Crociani
ensemble musicale Vanni Crociani e altri musicisti in via di definizione
produzione Permar Compagnia Mario Perrotta / Emilia Romagna Teatro ERT – Teatro Nazionale
Mario Perrotta ricorda il nostro Paese quando era o appariva felice, con lo sguardo carico di futuro, riflette su quei primi anni ‘60 del boom economico così come lo disegnano film, canzoni e racconti di allora.
E se c’è un uomo che incarna lo spirito di quegli anni con il suo corpo, la sua voce e la sua spinta vitale, questo è Domenico Modugno.
Tra musica e parole, uno spettacolo per interrogarsi sulla felicità di allora e su cosa oggi ci impedisca di aprire le braccia e “volare”.
Domenico Modugno
NOTE DI REGIA
Parole fragilissime: sono queste che – ultimamente – mi intrigano.
Libertà, ad esempio. È a lei che ho dedicato il mio ultimo progetto. L’ho inseguita tra le pagine più dense della letteratura occidentale, ho provato a tradurla in domande brucianti da portare sul palco. E la risposta esaltante del pubblico è stata un applauso continuo alla libertà stessa, a quel bisogno di autodeterminarsi ma in sintonia con il mondo.
Adesso è il momento di un’altra parola ancora più delicata perché, forse, non esiste: felicità. Eppure c’è stato un momento in cui il nostro paese – forse una gran parte di mondo – è apparso felice. Sono gli anni a cavallo del 1958, gli anni subito prima e subito dopo l’inizio del boom economico. La gente era – o sembrava – felice, carica di futuro negli occhi. Basta rivedere i film di quell’epoca, ascoltare le canzoni, ripercorrere i racconti di chi c’era. Anche i ceti meno abbienti sembravano felici. Sicuramente più felici dell’umanità da centro commerciale di oggi.
E se c’è un uomo che incarna tutto questo nel suo corpo, se c’è uno che con la sua voce, con la spinta vitale che ha abitato ogni suo passo, rappresenta appieno quegli anni, questo è Domenico Modugno.
Un ragazzo di una terra dimenticata da Dio – quella Puglia che sarebbe rimasta alla periferia del regno ancora per decenni, quando anche io la lasciai per cercare una vita artistica altrove – che parte all’avventura e si ritrova, dopo pochi anni, a insegnare a tutto il mondo a “volare”: apre la bocca e trascina via con quell’urlo irrefrenabile ogni residuo fosco del dopoguerra. Con una sola canzone rende l’intero occidente felice di esistere. Eppure lui sapeva di lavorare sull’effimero, sull’impalpabile ma, nonostante tutto, si ostinava a crederci: «Io voglio cantare la felicità. Anche se non esiste, mi voglio illudere che esista, devo credere che esista».
Proverò ad accostare la sua storia con tutta la cura possibile, per non tradire un uomo della mia terra, per non tradire la mia terra stessa e l’inno alla felicità che Domenico Modugno incarna. Proverò a farlo – come per Calvino – in musica e parole, ma questa volta i musicisti/compositori saranno con me sul palco (il progetto sta nascendo insieme ai musicisti che hanno abitato i miei spettacoli degli ultimi vent’anni).
Proverò a porre e a pormi molte delle domande urgenti sulla felicità, per indagare cosa rendeva quell’Italia di allora così capace di guardare al futuro e al prossimo con leggerezza e cosa, oggi, ci impedisce di continuare a farlo.
– Mario Perrotta