Il Teatro Franco Parenti e la poetica di Andrée Ruth Shammah

Il primo segno forte della personalità registica di Andrée Ruth Shammah è rappresentato dalla Trilogia di Testori che segnò la sua idea di regia costruita sull’intervento sul testo e su un uso particolare dello spazio scenico, attento alle innovazioni del teatro europeo.

Alla Trilogia fecero seguito produzioni sui temi della favola, del sogno, della leggenda come Peter Pan, Cavalieri di Re Arthur (‘89 e ’90); Pentesilea (‘91) di Heinrich von Kleist, Ondine di Giraudoux con Isabella Ferrari, che debutta nel ‘94 ai giardini di Villa Palestro; La vita, il sogno di Franco Loi (‘96).

La regista prosegue parallelamente la sua ricerca del teatro fuori dal teatro. Nel ‘92 sotto il titolo Vivi Milano fuori dal teatro, sei spettacoli vengono rappresentati in altrettanti luoghi attinenti ai contenuti dei testi, dalla Taverna Morigi al Centro Ittico, dall’Università Statale ai circoli di dopolavoro. Un secondo progetto portò la regista a collaborare con Rosa Di Lucia in tre spettacoli negli atelier degli artisti milanesi e in due memorabili rappresentazioni dei racconti di Dino Buzzati, Il delitto di Rina Fort, a casa dello scrittore, e Il deserto dei Tartari, al Corriere della Sera.

Dopo l’esperienza di Ondine a Villa Palestro, per altri spazi inediti all’aperto, Shammah ha rimesso in scena – al Castello Sforzesco, nei Fossati – Cavalieri di Re Arthur, con il titolo La cerca del Graal (‘98 e successivi) e – nei Cortili – La vita, il sogno (‘01 e ‘04). Questa capacità di concepire gli spettacoli in funzione degli spazi l’ha portata a fare rivivere la storia di alcuni luoghi milanesi attraverso il teatro con percorsi di suggestione poetica: dentro il complesso di Brera, dentro la Milano Romana intorno a San Maurizio e nei chiostri del Filarete all’Università Statale. Non vanno dimenticate inoltre le manifestazioni al Palazzo della Ragione: Progetto Blu (’05) sulla contemporaneità di Milano e Celebrato o tradito. Cosa resta del vero Pasolini? (‘06).

Nel rispetto della tradizione legata alla parola, ha firmato spettacoli dedicati a Milano e alla milanesità, negli anni dal ‘92 al ‘97, al passato e alle contraddizioni del presente, con autori quali Giovanni Testori (La Maria Brasca), Luigi Santucci (Noblesse oblige), Emilio Tadini (La tempesta e La deposizione), Franco Loi (La vita, il sogno), interpretati, fra gli altri, da Adriana Asti, Gianrico Tedeschi, Piero Mazzarella, Anna Galiena, Anna Nogara. Il teatro d’autore, in circa un decennio di frenetica creatività dal ‘96, si ritrova nella produzione di spettacoli memorabili.

1990 Peter Pan

1990, Peter Pan

Con una sensibilità contemporanea, Andrée Ruth Shammah restituisce umanità, emozione e universalità a testi come Io, l’erede di Eduardo De Filippo, uno dei maggiori successi da lei firmati che, nell’interpretazione di Geppy Gleijeses, gira per anni in tournée nazionale. Un Eduardo nuovo, spogliato del napoletano, che unisce leggerezza e paradosso. Tornerà a Eduardo nel 2000 con l’irresistibile Pericolosamente amicizia. Nel ‘97 debuttano L’amante di Harold Pinter con Anna Galiena e Luca De Filippo, ripreso per altre due edizioni, e un Re Lear dal trasgressivo finale nella traduzione di Emilio Tadini con Piero Mazzarella. Nel ‘98 viene presentato al Festival del Teatro Olimpico di Vicenza Eracle di Euripide con Franco Branciaroli. Del ‘99 e del ‘02 sono due Goldoni dal segno innovativo: Sior Todero Brontolon con Gianrico Tedeschi e La locandiera con una compagnia di attori giovani. Una ricerca più interiore segnata dall’ambiguità viene sviluppata in due successivi spettacoli: L’hotel dei due mondi (2000) di Eric-Emmanuel Schmitt con Ugo Gregoretti, Marco Messeri, Luciana Savignano, Corrado Tedeschi e La terza moglie di Mayer (‘01) di Dacia Maraini con Ivana Monti e Cochi Ponzoni.

Nasce così la stagione dedicata agli autori contemporanei come Roberto Cavosi, Massimo Sgorbani, Antonio Tarantino, Vitaliano Trevisan, con Alessandro Haber protagonista di Una notte in Tunisia (2013), Hanoch Levin, con un indimenticabile Carlo Cecchi ne Il lavoro di vivere (2015).

Cecchi è superbo, sorretto dal nitido segno registico di Andrée Shammah.

Il Giorno

Andrée Ruth Shammah e Carlo Cecchi ci regalano il teatro che vorremmo. E ci fanno scoprire un autore straordinario. […] Nitida, sorvegliata e piena d’amore, la regia cura il dettaglio e il ricamo prezioso dell’emozione, facendosi drammaturgia dello spazio e della luce. In equilibrio tra leggerezza e affondo dolente.

– la Repubblica

Seguono due grandi classici: Gli Innamorati (2014) di Carlo Goldoni e la ripresa de Il malato immaginario (2015) con Gioele Dix nei panni di Argan. È una stagione ricca di attestazioni e esaltanti giudizi critici: ciò che conta di più per la regista, oltre all’uso dello spazio, è la teatralità che rinuncia all’ornamento, alla retorica, all’artificiosità, imponendo certi codici di comunicazione scenica che evidenziano la sua originalità.

Innamorati

Innamorati

Brillano gli Innamorati di Goldoni. È raro trovare una lettura penetrante e aguzza e stimolante come quella fornitaci dalla scaltra Andrée Ruth Shammah di un Goldoni che troppo spesso, pur essendo un capolavoro, è stato messo ai margini.  Succede al Franco Parenti di Milano con una compagnia di giovani capaci di tradurre con ardente sensibilità e provvida duttilità tutte le note di una partitura scenica fitta di intenzioni, e ci riferiamo a quel singolare testo che è Gli Innamorati. […] La Shammah lavora sul meraviglioso parlato dell’Autore sull’intrigante impasto di artifici teatrali e autenticità di sentimenti di cui son fatti le baruffe dei due gelosi innamorati. […] E la regista, con il giusto ritmo ed un felicissimo equilibrio, ne investiga la natura e ci racconta questa storia senza storia col tramite di un eccellente gruppo di attori che ci riconducono nei canonici risvolti di un “recitato” critico e ironico.

– Domenico Rigotti, Avvenire

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