Comincia come un piccolo dramma domestico, con servizio da tè in porcellana bianca ad annunciare il più inglese dei riti. C è anche una famiglia: una coppia consunta dalla routine, una zia, un fratello inconcludente. Sono in attesa di Susy, la figlia, di ritorno da una lunga permanenza in Australia. Lei però non arriva, la si aspetta come un Godot ingannevolmente borghese. Quasi nessuno come Caryl Churchill, tra le protagoniste meno addomesticabili della drammaturgia britannica contemporanea, sa boicottare il canone della rappresentazione, seminando trappole (linguistiche, strutturali, psichiche) che decostruiscono dall interno gli schemi più classici. Nel caso di L amore del cuore (Heart s Desire), il ritorno a casa di un figlio (o di una figlia) a lungo assente. Ma, trattandosi appunto di Churchill,è tutto fuorché una pièce da tinello. La narrazioneè continuamente interrotta,i personaggi si fermano sul ciglio di un evento (una telefonata, una confessione, un indizio), tornano indietro e ricominciano. Spostando equilibri e tensioni, aprendo fessure sui meccanismi di rimozione, accumulando vissuti e dunque facendo evolvere la situazione nonostante l apparente ripetizione.