Liberi come Ornella Vanoni
a cura di Mattia Rizzi
Sulle note di Una bellissima ragazza, l’inconfondibile chioma di Ornella Vanoni spunta dal sipario della Sala Grande. Un lungo applauso (il primo di molti) accoglie al Teatro Franco Parenti l’interprete milanese. Con lei, sul palco, c’è Daria Bignardi, pronta a moderare un’imprevedibile lectio sulla grande età.
Secondo Vanoni, che in questo è pascoliana, per invecchiare bene bisogna liberare il bambino che abbiamo soffocato durante gli anni dell’età adulta, riscoprendo con leggerezza il senso della meraviglia ingenua. Nel caso specifico della cantante, la dimensione infantile si traduce in un’originalità pirotecnica e un po’ ribelle, scandita da serrati tempi comici e accompagnata da un bagaglio infinito di aneddoti a cui poter attingere a piene mani.
Resta infatti il dubbio che per invecchiare bene come Ornella, forse, bisognerebbe aver vissuto una vita come la sua, che ha visto raffinate amicizie milanesi, tra Strehler e Jannacci, Versace e Pomodoro, e ricercate collaborazioni con jazzisti americani o cantautori brasiliani. Esplorando un territorio che si estende dalla musica leggera alla canzone colta, Vanoni ha attraversato con eleganza oltre mezzo secolo di storia dello spettacolo, dagli schermi in bianco e nero fino ai meme sui social. Interprete colta e sperimentatrice curiosa ha poi stemperato un apparente snobismo con una pungente autoironia, conquistando le generazioni più diverse e ottenendo l’approvazione della critica.
Insomma, qual è la ricetta per essere liberi come Ornella Vanoni? «Ci vuol passione, / molta pazienza, / sciroppo di lampone / e un filo di incoscienza». La signora della musica italiana si congeda dalla platea con Rossetto e cioccolato, canzone in cui la sensualità si mescola alla provocazione: «Coi bei peccati succede sempre».