Il Domatore: la delicatezza del ruggito
di Angelica Ferri
Tra le tinte rosse e gialle del tendone, con i suoi giochi di luce e i suoi punti più oscuri, tra i cerchi dei trapezisti appesi a mezz’aria e le pedane su cui animali selvaggi si comportano da perfetti damerini, gli occhi degli spettatori incantati sono rapiti dalla magia e dalla stravaganza della vita dei circensi. Come riescono a volare? Come riescono ad essere sempre sé stessi pur vagando di città in città, senza mai avere un proprio luogo d’appartenenza e chiamando casa le pareti di una roulotte? Cosa fanno quando i decreti legge gli portano via il lavoro, impedendo l’arte al domatore?
Il palcoscenico del Teatro Franco Parenti si trasforma nella pista di un circo, in cui, oltre ai profumi di un passato nostalgico del successo e delle risate dei bambini, rimangono nell’aria anche i racconti e le voci di tutti gli artisti e degli animali che, sotto quei fari colorati, si sono esibiti in numeri spettacolari. L’unico rimasto in scena per poterci raccontare quelle storie è Cadabra, coraggioso domatore di leoni interpretato da Vittorio Franceschi, non solo lasciato disoccupato per colpa delle leggi dello Stato ma anche privato dello speciale rapporto familiare costruito nel tempo con le sue belve, condannate anch’esse a perdere le luci della ribalta per qualche metro in più di recinto in chissà quale zoo.
Un giornale locale, incuriosito dalla situazione economica precaria di coloro che hanno vissuto in equilibrio su un filo o con l’ebbrezza di avere la testa nella bocca del leone, manda una giovane ed esperta giornalista ad intervistare il vecchio e famoso domatore.
Una vita vissuta tra le sbarre di una gabbia in continua compagnia della potenziale morte non concede di condurre conversazioni che rimangono sul pelo dell’acqua e, per quanto la giornalista, interpretata da Chiara Degani, cerchi di portare a termine il suo lavoro in maniera professionale, il domatore le offre da bere e cerca di sedurla con i racconti della sua famiglia, tentando di scavare nel passato di chi è lì a porre domande, indagando negli occhi della sua interlocutrice per cercarvi sé stesso.
Più volte la ragazza, durante la loro intervista, minaccia Cadabra di andarsene e di interrompere il lavoro, per colpa della sua insistenza e del suo orgoglio arrogante, ma torna sempre come ammaliata dal fascino oscuro che le parole del domatore sprigionano, come se ci fosse un ultimo ruggito che vuole mostrare al pubblico per svelare una verità nascosta.
Con innocenti bugie e artifici del mestiere, l’ammaestratore di belve conquista alla fine del suo ultimo grande numero di trasformismo una carezza e un bacio della giornalista, simbolo di un amore impossibile ma di un’umanità ritrovata con l’aiuto di un perfetto trucco da clown.
Nel circo tutto è finzione, tutto è astuzia, tutto è inganno ma nulla è mai menzogna perché «se menti, cadi dal filo, il leone ti sbrana e manchi il trapezio. Questo è il luogo della verità», quella verità mediata dalla magia che porta alla purezza e all’essenzialità dell’esistenza.