Caini: il patto di sangue svelato
di Angelica Ferri
Le luci della Sala Tre del Teatro Franco Parenti si abbassano e si fa buio pesto; tra le ombre si muovono gli attori; lo spazio scenico, d’improvviso, s’illumina del fuoco di cinque candele che rivelano i volti di tutti i personaggi, mentre è intonata una cantilena che sembra una preghiera, ma che preannuncia un nefasto evento. Un soffio simultaneo di tutti gli interpreti spegne la luce soffusa delle candele e subito il pubblico si trova catapultato tra i bagliori delle lampade stroboscopiche di una discoteca. Una ragazza incontra un ragazzo, si osservano, ballano, chiacchierano e decidono di andarsene dalla festa insieme. Al mattino seguente la giovane innamorata si risveglia sul tavolo della cucina di casa sua dove i suoi due fratelli cominciano ad assillarla e tormentarla di domande. Non appena la madre torna a casa dalla spesa, la famiglia è al completo e finalmente la ragazza può annunciare a tutti di essersi innamorata di un benestante visual artist: le luci cambiano e le voci si affrettano, tutti dicono di non vedere l’ora di conoscere il fortunato, ma la tensione in scena lascia intuire che non è tutto sereno come vorrebbero che apparisse. Quando l’incontro tra la famiglia dei Caini e l’artista avviene, il nodo si scioglie e tutto comincia a intravedersi. Lui è onesto e puro, non ha nulla da nascondere e da temere, mentre tutto in quella casa sembra essere illuminato da una luce che crea, e cela, gli spazi della verità, dove gli sguardi dicono ciò che furiosi silenzi nascondono. Dall’impatto il giovane innamorato elabora una visione artistica talmente limpida e incorruttibile da rivelare involontariamente la realtà mostruosa e criminale dei suoi interlocutori.
Ora i Caini sono messi di fronte allo specchio e le dinamiche dell’assassinio del loro stesso padre, compiuto anni prima, vengono svelate risvegliando il lato più macabro della famiglia. Dover celare a tutti i costi il loro più grande segreto è la goccia che fa traboccare il vaso, che accende la miccia della violenza sacrificale, e l’unico che può attrarre verso sé tutti i dolori del passato è l’ultimo arrivato: quel giovane artista che sarà ingenua vittima dell’atto espiatorio che ristabilirà l’ordine del patto familiare.
Il sacrificio placa la loro ancestrale sete di sangue e non resta altro che chiedere perdono all’incolpevole capro espiatorio. In questa famiglia l’arte rappresenta il suo stesso ruolo nella società: sacrificare sé stessa nel vano tentativo e nella fallimentare intenzione di migliorare l’esistente e illuminarlo di verità.