In occasione della presentazione del libro
Il nostro tempo. Narrare un’Europa (ed. Bollati Boringhieri),
l’autore Luigi Zoja dialoga con Gad Lerner
modera Anna Foà
All’Occidente globalizzato, gli uragani storico-politici impongono una scelta: continuare a far parte di un insieme enorme, amalgamato e rassicurante; oppure tornare a una fantasticata autenticità e purezza che avrebbe preceduto la supposta decadenza di oggi.
Nella seconda alternativa si esprime una rassegnazione: o più precisamente una depressione di massa. L’accelerare delle novità nel XXI secolo spaventa, e trascina molti verso questa allucinazione collettiva.
La Russia come terapia, l’identità ebraica come specchio, l’Europa come domanda.
Il conflitto russo-ucraino ha riaperto antiche ferite, ma anche vecchie attrazioni. La Russia appare non solo come minaccia, ma come enigma e richiamo, uno spazio di lentezza e profondità perduto in un Occidente nervoso. Dietro la Russia, un altro specchio: l’ebraismo. Non solo identità religiosa, ma componente rimossa, eppure fondante, della cultura europea. L’identità ebraica diventa così chiave della profondità e della nevrosi occidentale, luogo di amore e rifiuto, identificazione e paura. E infine l’Europa: ricca, fragile, disabituata al sacrificio, forse anche alla vita comune. Il presente la interroga: sappiamo ancora difenderla? Possiamo riconoscerci in qualcosa di più grande di noi?
Dopo l’indagine condotta in Narrare l’Italia, Luigi Zoja allarga lo sguardo sull’altra nostra casa comune, quella europea, invitandoci a riflettere su ciò che ancora ci muove, dentro e fuori la storia. Perché ciò che chiamiamo politica è insieme la psiche collettiva che prende forma.