testo e regia Emanuele Aldrovandi
con Giusto Cucchiarini, Eleonora Giovanardi, Luca Mammoli, Silvia Valsesia, Riccardo Vicardi
con la partecipazione vocale di Elio De Capitani
scene Francesco Fassone
luci Luca Serafini
costumi Costanza Maramotti
maschera Alessandra Faienza
consulenza sonora GUP Alcaro
musiche Riccardo Tesorini
progetto grafico Lucia Catellani
aiuto regia Giorgio Franchi
foto Luigi De Palma
produzione Associazione Teatrale Autori Vivi, Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale
in collaborazione con La Corte Ospitale – Centro di Residenza Emilia-Romagna
testo selezionato da Eurodram 2022
presentato in anteprima radiofonica su Rai Radio 3 all’interno di “PRESENTE/FUTURO Nuove scritture per la scena italiana”
pubblicato sulla rivista Hystrio, luglio 2022
Una tragicommedia, una sorta di esorcismo, catartico e liberatorio, che ci aiuta a metabolizzare il nostro presente con ironia, lucidità e un pizzico di grottesco surrealismo.
In un mondo incastrato dentro ritmi frenetici e disumani, che sottraggono tempo al pensiero e all’introspezione, l’arrivo di un virus che trasforma le persone in tacchini blocca e distorce ogni cosa. Così, le due coppie protagoniste della storia, persone comuni, portatrici ognuna di una diversa posizione filosofica della vita, si ritrovano nell’androne di un palazzo assalite da domande, frustrazioni e paure.
Lo spettacolo racconta la storia di cinque esseri umani nel periodo di passaggio all’età adulta, scavando dentro di loro senza pietà per trovare l’ultima cosa a cui si aggrappano, quando tutto sembra franare sotto ai loro piedi.
La recente esperienza pandemica è presa di petto dalla scrittura chirurgica di Aldrovandi e riesce, laddove molti spettacoli falliscono: ovvero a imprigionare la cronaca in un testo che sa essere assoluto, tagliente, mimetico e al tempo stesso straniante. (…) Tutto questo funziona, diverte, ci permette di guardare da fuori ciò che abbiamo passato e, al tempo stesso, di riconoscerci: non una cosa da poco per uno spettacolo teatrale. Applausi, meritati applausi.
Nicola Arrigoni – Sipario
Lo spettacolo, elegante e feroce, è fondato sulla progressione geometrica del dialogo, in cui Aldrovandi è imbattibile.
Tiziano Scarpa – Domani
Un lavoro più che riuscito, in completo equilibrio sul filo drammaturgico senza mai cadere nell’oblio della retorica sempre in agguato: merito evidente non solo di Aldrovandi, ma anche del cast al completo (Giusto Cucchiarini, Eleonora Giovanardi, Luca Mammoli, Silvia Valsesia, Riccardo Vicardi), in vero stato di grazia, così come delle scene e dei costumi rispettivamente firmati da Francesco Fassone e Costanza Maramotti, del tutto in equilibrio col resto, e non era semplice. Una penna e una regia, quelle di Aldrovandi, che dopo FARFALLE non smettono di stupire e delle quali non possiamo che attendere con impazienza la prossima proposta. E scusate se è poco.
Francesco Melchiorri – Birdman Magazine
La scrittura di Aldrovandi ci mette alle corde, ci sprona, ci punge, ci sbalza dalle nostre convinzioni proprio perché la ragione non sta acriticamente da una parte soltanto.
Tommaso Chimenti – Recensito
Grottesco, comico, surreale e filosofico lo spettacolo di Aldrovandi meraviglia e stupisce per la capacità di mettere a confronti punti di vista e visioni del mondo opposte e ragionevoli senza dare una risposta, ma generando dubbi, quei dilemmi esistenziali con cui tutti dobbiamo fare i conti.
Alan Mauro Vai – Teatrionline
Uno spettacolo che mostra incognite, frustrazioni, paure di cinque persone, facendo parteggiare il pubblico ora per l’una ora per l’altra, in una sorta di grottesco e realistico racconto: la tragicommedia di un’epoca in cui non c’è più tempo per pensare né per guardarsi dentro.
Mariapia Frigerio – Avvenire
Dal nostro passato prossimo, si diceva, parte Aldrovandi: già, ma dove arriva? Leggere L’estinzione della razza umana come una grottesca rappresentazione del contesto pandemico denoterebbe un approccio superficiale e limitante, oltrechè teatralmente poco efficace: spingendoci oltre ci piace immaginarlo come semplice pretesto per fotografare “la degenerazione di una generazione”, lo spiazzamento di uomini e donne poco più che trentenni, alle prese con mascherine, divieti e gel, chiamati a lottare con ataviche insicurezze, fragilità e incongruenze. Il tutto si materializza in ottanta minuti filati dal ritmo altalenante dove, nell’applaudita prova dei cinque interpreti, c’è spazio per la risata di pancia come per l’amara riflessione su vizi e deformazioni di un agire umano alle prese non tanto con il rischio di trasformarsi in tacchini, quanto con la più concreta possibilità di dover rimettere in discussione un intero sistema di valori sociali e relazionali all’improvviso palesatosi in tutte le sue contraddizioni.
Roberto Canavesi – Teatroteatro.it
La scrittura di Aldrovandi spinge il pubblico a confrontarsi di volta in volta con le diverse opinioni e i punti di vista – spesso molto distanti – dei personaggi […] lo spettatore si sente spronato, se non a prendere una posizione, almeno a mettere in crisi il proprio punto di vista, riconoscendosi nella visione del mondo di uno (o più) personaggi.
Roberto Mazzone – Teatro.it