regia e ideazione Francesca Merli
drammaturgia Francesca Merli con la collaborazione di Lia Gallo e Laura Serena
con Giacomo Martini e Laura Serena, Emma Busetti, Raffaele Capelli, Tiago Tapia Gomez, Artur Gussoni, Chiara Giorgina Jaurigue, Lorenzo Morone, Matilde Parodi, Carlotta Santoro
riprese video e montaggio Stefano Colonna
regia video Francesca Merli
musiche Federica Furlani
costumi e oggetti scenici Francesca Biffi
produzione Campo Teatrale / Teatro Franco Parenti
con il contributo di Fondazione di Comunità Milano
Rassegna La nuova scena
a cura di Natalia Di Iorio
Al centro dello spettacolo la relazione tra Pinocchio e Geppetto, e più in generale quella tra genitori e figli, in una narrazione al confine tra immaginario e reale che dà voce ai conflitti, alle paure, ai limiti con cui convivere, ma anche all’amore, al coraggio e ai traguardi raggiunti e da raggiungere.
Si tratta di storie di gravidanze difficili, nascite premature, adozioni e di risposte a domande cruciali sui temi dell’inclusione, dell’autonomia, del futuro dei propri figli. Perché anche Pinocchio a un certo punto deve affrontare la paura nella pancia della balena, e trovare il modo e il coraggio di diventare grande.
Il gruppo ha lavorato sotto la guida di due attrici, Lia Gallo e Laura Serena, e della regista Francesca Merli, tre professioniste che da anni si dedicano anche a contesti di fragilità e sviluppano progetti di teatro sociale. Le disabilità dei giovani attori coinvolti nel progetto sono diverse e all’apparenza inconciliabili tra loro: autismo, sindrome di down, ritardo cognitivo e disturbo ipercinetico.
Come registe e attrici ci siamo chieste quanto il dolore altrui potesse diventare anche il nostro, quanto l’arte possa attingere anche alle esperienze più intime delle persone. Per questo ci appelliamo alla grazia. In stato di grazia si può raccontare il dolore e sperare di non ferire. Portare alla luce un messaggio che schiuda le coscienze e l’ascolto per la nascita di una società più aperta e inclusiva.
É questo un fenomeno fisico, tangibile, percepibile dal pubblico, ed anche un piccolo miracolo. Tutti infatti sono in una condizione di euforia, di massimo rendimento. Si muovono con naturalezza, fanno sbocciare il loro vero sé, si sente fluire il loro sentimento vitale. Ci parlano di loro, ci mostrano cosa hanno voglia di fare e partecipano allo spettacolo. Si sentono forti, giusti, amati, in sintonia con ciò che li circonda. Non infallibili quindi, non perfetti, ma consapevoli della loro posizione nel mondo e per questo in grado di accettare la loro diversità che hanno imparato a trasformare in qualcosa di meno nemico e più accettabile. Hanno per prima cosa appreso a non mentire, a nominare le cose con il loro nome per non allontanarsi dalla realtà e poterla affrontare. Sanno infatti che molti di loro presentano varie disabilità, quali autismo, sindrome di down, ritardo cognitivo e disturbo ipercinetico.
– Raffaella Roversi, 2righe.com