Alcesti: è ancora buio? – La contemporaneità della tragedia antica
a cura di Claudio Ricci
La Sala Grande del Teatro Franco Parenti ha ospitato lo spettacolo di Viola Lucio, Alcesti: è ancora buio?, diretto da Zoe Pernici ed interpretato da Serena Ferraiuolo. La rappresentazione è stata preceduta da un intervento di Moni Ovadia, che ha ricordato, con emozione ed entusiasmo, i momenti più significativi della sua carriera al Parenti e ha presentato l’opera delle tre ragazze ponendo in particolare risalto la passione con cui è stata portata a compimento.
Il Parenti si dimostra nuovamente – come sottolineato dalla direttrice Andrée Ruth Shammah – un luogo che accoglie e sviluppa le idee artistiche dei giovani. In questo caso, la consapevolezza di avere davanti agli occhi la creazione artistica di tre amiche si accompagna all’innegabile valore che la creazione medesima porta con sé.
Attraverso una voce monologante, la messinscena racconta la vicenda di una coppia. La scenografia è scarna, provvista dell’umile arredamento di una camera d’albergo. Al fianco dell’attrice non vi è altro che un foglio bianco, ancora immacolato, come l’abito che indossa. Questa riscrittura dell’Alcesti si discosta dall’originale euripideo per gli eventi che conducono al sacrificio della protagonista. Il funesto epilogo preannunciato da Apollo per Admeto nella tragedia di Euripide viene sostituito dalla una condanna a morte del marito di Alcesti sancita dal regime in cui l’operaattuale si colloca. Il marito di Alcesti scrive una commedia scomoda che ottiene un successo inaspettato e, per la natura sediziosa che il governo le conferisce, viene condannato alla pena capitale. Si definisce, pertanto, l’equilibrio delle parole in un sistema dittatoriale, che possono valere una medaglia o una corda al collo.
L’avvocato, a cui i due coniugi si affidano per la risoluzione della disgrazia, individua come unica via di fuga per l’anarchico scrittore la possibilità che qualcuno si prenda la responsabilità al posto suo. Il sangue deve essere versato e Alcesti si sacrifica gravata dal peso del dolore, del rimpianto e dell’amore. I pensieri rivelati dalla protagonista colpiscono, a volte come silenziose pugnalate e altre come impavide frecce,il pubblico, che diventa confessore taciturno di un’Alcesti senza luogo né tempo. La donna si aggira intorno al foglio seguendo i pensieri che macchiano di sangue il suo candido amore e subito dopo si librano in un vortice di limpida eleganza.
La penna in mano è pesante come l’ascia di un boia e l’inchiostro del calamaio è un cappio che stringe Alcesti attorno al collo. Il pubblico si chiede quali siano stati gli ultimi pensieri prima della firma del documento, atto solenne del sacrificio. Quali stati d’animo si susseguono prima dell’ultimo respiro? Paura, rimpianto, rassegnazione o sollievo? La grandezza di questo spettacolo emerge proprio nella capacità di evidenziare tutti questi aspetti, agevolati daun testo preciso e ben redatto, e dalle chiare abilità attoriali mostrate dalla protagonista.
Alcesti: è ancora buio? fa rivivere il dramma greco, facendo emergere la questione dell’identità che, seppur ferita, si presenta fiera e decisa nell’ultima ora e racconta con sottile giudizio i dubbi degli individui.