Per strada, con il mondo sulle spalle
di Bianca Cattaneo
Un incontro che cambia due vite. In poco più di ventiquattro ore seguiamo due personaggi che, ritrovandosi dopo un iniziale diverbio e allontanamento, si rivelano l’un l’altro in un intimo percorso di riconoscimento reciproco. Per strada, diretto da Raphael Tobia Vogel, si apre con un paesaggio invernale, reso scenograficamente con delle proiezioni di fiocchi di neve su pannelli semitrasparenti che creano un’atmosfera dall’effetto mimetico. La regia è caratterizzata da scelte controllate e precise e ci accompagna, tra spazi composti di pochi elementi ma ben caratterizzati, nel viaggio che compiono i due ragazzi dalla prigione di un bosco innevato (si incontrano per l’appunto per strada, bloccati in mezzo ad una bufera) a quella di un matrimonio non desiderato.
I due protagonisti, ancora legati a un passato e a scelte che li hanno turbati troppo per essere soddisfatti della propria vita, si aggrappano l’uno all’altro e scoprono, tra battute esilaranti e confessioni sincere, di essere più simili di quanto pensino. Si trovano entrambi in una fase incredibilmente difficile della vita: uno è stato da poco tradito e lasciato dalla ragazza, l’altro vede incombere davanti a sé un futuro con una donna che non ama. Per di più, casualmente, scoprono di portare nomi inglesi, Jack e Paul, per il fatto che le madri di entrambi sono originarie di Liverpool; città culla della musica dei Beatles, che con la loro Hey Jude fanno da colonna sonora alla pièce, portando conforto nei momenti più drammatici.
I temi che vengono trattati all’interno dello spettacolo sono tra i più disparati: si parla di amicizie, di matrimoni infelici e di gioie lontane, di amori passati e impossibili. Nel corso di una delle scene d’avvio della rappresentazione, nel momento in cui i due attori non sono assieme in scena a causa del diverbio inziale, compare una valigetta con al suo interno una pistola, una boccetta misteriosa e un libro rosso in cui sono raffigurati degli exempla di personaggi famosi che hanno deciso di porre fine alla propria vita. Dovrebbe essere un kit, probabilmente comprato da Jack sul dark web, che avrebbe il compito di guidarlo a compiere ciò che stava a lungo meditando.
Una valigetta il cui contenuto può assurgere a metafora di tutta la pièce: la pistola, simbolo di morte, è un’ombra che aleggia su tutto lo spettacolo fino alla tragica conclusione. Ma anche una morte anelata e continuamente rimandata di Jack, che spesso parla del suo funerale assai prossimo, degli invitati e dei banditi dalla celebrazione. Il secondo oggetto della borsa è una boccetta di un farmaco indefinito, probabilmente un calmante, a rappresentare tutte le volte in cui entrambi i personaggi hanno mandato giù qualcosa di amaro nella loro vita insoddisfatta. Un medicinale che per natura non può essere rimedio, ma può solo attenuare il dolore e renderlo più sopportabile. Permette un conforto momentaneo, costruisce un’illusione, una delle tante che farciscono la vita sia di Jack che di Paul. L’uno utilizza continuamente l’arma del sarcasmo per difendersi dalle domande e dalle supposizioni dell’altro e si rivolge ad un pupazzo di peluche come se fosse un cane vero, unica valvola di sfogo dei suoi dolori; l’altro, invece, tenta in tutti i modi di apparire divertente e soddisfatto, facendo imitazioni di Celentano e sfoggiando le sue abilità e i suoi beni preziosi.
Infine, l’ultimo oggetto della valigetta: il libro rosso con un cappio in copertina, contenente gli esempi di suicidi famosi. Modelli di morte che si contrappongono ai modelli di vita, continuamente rievocati nel racconto di sé stessi dei personaggi. Jack, con un padre assente e invisibile, assegna il ruolo di guida a Roberto Baggio. Conosce infatti ogni dettaglio della carriera del calciatore e su di lui riversa i suoi dispiaceri e desideri, facendo risalire il principio della sua infelicità al rigore sbagliato dal giocatore nella finale contro il Brasile di USA ‘94. Paul, d’altro canto, ha sopportato da sempre la figura assolutamente ingombrante del padre, avvocato di successo, soffrendo per il senso di inferiorità che lo ha accompagnato e vivendo nella costante paura di deludere una famiglia perfetta. Con il peso delle aspettative sulle spalle non ascolta le parole della canzone che tanto ama Don’t carry the world upon your shoulders; decide che è suo compito mantenere le promesse e nascondere le bugie che si è caricato addosso e si rende conto troppo tardi di non riuscire a sopportarle.