Non chiamatelo maestro, non gli piace. E poco importa che per molti, anzi moltissimi, Carlo Cecchi lo sia, direttamente o indirettamente. «I maestri sono un altra cosa. Che so, Buddha, Lao Tze — dice con quell indolenza che lo rende ancora più irresistibile — La vita è già abbastanza faticosa senza bisogno di aggiungere il peso dell’essere maestro». Talento ritroso, difficile stanarlo. Ha fatto una certa fatica anche Andrée Ruth Shammah, che pure è amica, complice di avventure teatrali e compagna di viaggi. Ha dovuto insistere parecchio per convincerlo a interpretare La leggenda del santo bevitore, piccolo grande racconto di Joseph Roth che Shammah aveva già messo in scena nel 2007 con Piero Mazzarella, gigante della tradizione lombarda, e che ora mette alla prova del tempo, come sta facendo con altre sue regie storiche, i Molière (Il malato immaginario e Il misantropo), ma anche i Testori (dopo I promessi sposi alla prova, arriverà La Maria Brasca).