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I Promessi sposi alla prova

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I Promessi sposi alla prova

Questo è un tempo di inquietudini, di perdita di confini e valori che chiede di tornare indietro per fare il punto, confrontarsi e rimettersi “alla prova”.

Ci sono momenti storici in cui alcuni testi ci sembrano necessari; la prima volta che ho messo in scena I Promessi sposi alla prova con Franco Parenti ne sentivo la necessità e la sento oggi, come e forse più di allora. Per quanto lontano da noi e dallo spirito del nostro tempo, un classico è tale perché capace di risvegliare dubbi ed emozioni proprie a tutti gli esseri umani, in qualsiasi epoca.

Testori ha accolto, tradito o tradotto le parole di Manzoni in una nuova forma che rende contemporanee e facilmente comunicabili verità antiche di cui abbiamo nuovamente bisogno.

Con questo spettacolo, non solo si vuole restituire al pubblico uno dei capisaldi della letteratura italiana e far conoscere e amare la riscrittura di Testori, ma si intende esortare a camminare con una nuova consapevolezza nel nostro tempo e a riscoprire i fondamenti del Teatro, come lo intendo io ancora e sempre di più.

Andrée Ruth Shammah

Certa di un classico, col coraggio che l’ha sempre contraddistinta, Andrée Ruth Shammah ha deciso di riportare sul palcoscenico uno dei capisaldi del rapporto Testori-Teatro Franco Parenti, I Promessi sposi alla prova, rilettura del capolavoro manzoniano. Uno spettacolo curato, evocativa la bella scena di Fercioni, e di bello scavo registico nel viaggio maieutico-testoriano nell’arte del teatro, il mestiere, nella realtà, nella libertà. Viaggio d’insegnamento, che affida al regista/maestro Luca Lazzareschi che, con molta bravura, mostra un volto da fine ragionatore pirandelliano teso nell’intento di togliere il romanzo di Manzoni dalle panie vischiose della scuola e dalla «luce intellettual piena d’amore» dei letterati e precipitarlo nella gente, con la gente di ogni epoca calpestata dai potenti, impossibilitata a essere artefice del proprio destino, e farne vivere, «incarnare» il linguaggio. Testori focalizza alcuni episodi che ben mostrano l’ingiustizia e tra questi la monaca di Monza, una bravissima Laura Marinoni estrema di passione e disperazione, ma ben attenta alla misura, «pilastro nero» sprofondata nel suo nero. Testori e Shammah sono certi che «insegnare, oggi, è ritornato necessario».

– Magda Poli, Corriere della Sera


Ho l’impressione che Andrée Ruth Shammah, mettendo in scena di nuovo, dopo decenni, I Promessi sposi alla prova di Giovanni Testori, nel momento della sua vita in cui – come dice Shakespeare – “la maturità è tutto”, abbia voluto fare i conti con se stessa, con i traguardi raggiunti ma anche con quelli che, come capita a tutti, ci sono sfuggiti di mano per un soffio. Sì, mi piace pensare a questo spettacolo come a un bilancio dove ci si voglia fermare, confrontare per capire quale sarà la nuova strada da percorrere.

– Maria Grazia Gregori, dalTeatro.it


Una vitalità sorprendente, riservata soltanto ai grandi classici: i testi di Giovanni Testori sono oggi, ad oltre un quarto di secolo dalla scomparsa avvenuta nel 1993, vivi, ardenti anzi, come e forse più che negli anni Sessanta e Settanta del Novecento, che videro la loro più grande fortuna, letteraria, drammaturgica e poetica. Che i testi non siano invecchiati è indubbio: ne I Promessi sposi alla prova con la regia di Andrée Ruth Shammah, che ha anche curato l’adattamento, ogni personaggio sembra preso dall’oggi: non si soffre del passaggio del tempo, in nessuna fase dello spettacolo, che pure dura oltre tre ore, ma anzi si gode di una leggerezza, di una inaspettata freschezza rare oggi da ritrovare sui palcoscenici.

– Stefania Vitulli, Il Giornale


La regia di Andrée Ruth Shammah punta con molta intelligenza, più che sul teatro nel teatro, sul teatro che esce dal teatro per diventare incontro. Ciò che distingue questo spettacolo, e gli dona un’aura preziosa e toccante, è il fatto d’essere stato pensato per i giovani.

– Enrico Fiore, Controscena

Non è mai un affronto quello di Testori verso Manzoni; è la libertà che un figlio si prende rispetto a chi sente come padre.

Giuseppe Frangi, Associazione Giovanni Testori

La regia memorabile di Andrée Ruth Shammah utilizza l’unità di luogo per far vivere a pochi metri di distanza, anche con sfumature irresistibili di ironia, la casupola di Agnese e Lucia e il Castello di Don Rodrigo. Vediamo, letteralmente, attraverso i semplici sortilegi degli attori, le profondità dell’Adda, i pizzi del Duomo di Milano, la meraviglia e lo smarrimento […]. Via, per l’alto mare aperto, braccati da editti e mandati di cattura, dall’ira pusillanime di un parroco, dalla foia altezzosa di un signorotto locale, da una parte all’altra della Lombardia, Milano, Monza, fino a Venezia, mentre la precarietà dell’esistenza si fa materia pulsante nel corpo degli attori chiamati a rappresentare I Promessi Sposi proprio a Lecco. Uno alla volta entrano nella grande sala prove, chiara e disadorna, stretti in cappottini e cappellini, in maglioni e montgomery, soffiandosi sulle mani per il freddo, ciascuno pronto a contestare e ascoltare il regista, il Maestro, e insieme a lui la storia raccontata da Manzoni, a interpretarla, reinventarla […]. La storia, anzi le storie, quella di Manzoni e la rivisitazione di Testori, ci travolgono come se fossimo piccoli sassi abbandonati all’impeto di rumorosa frana.

– Lucia Tempestini, Scénario

Lo spettacolo rientra nel percorso Progetto Testori che prevede

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