C’è chi dice che il mare è l’inconscio del pianeta: nelle sue profondità senza tempo si nasconderebbero sogni e mostri del pensiero minerale del globo, coscienza che avvertirebbe con leggero fastidio, ma soprattutto indifferenza, il peso degli esseri umani. Il mare è anche la vastità che attrae Ismaele, il narratore di «Moby Dick». Il mare sono le malinconie e le bonacce di Conrad, il viaggio di Ulisse, le fughe di Stevenson, le onde che biancheggiano di Carducci, l’ albatro di Baudelaire, «quella faccia un po così» di Conte e le profondità di Lucio Dalla. Il mare sono i pirati di Salgari, le fatiche di Verga, gli abissi di Verne, il gorgo di Poe, le erbe umili di Montale, le cupezze di Pavese (e chi più ne ha più ne metta). Il mare è infinito, infinite sono le pagine che ne trattano.