di Chiara Carbone
Il pubblico si trova seduto in un teatro, su file ordinate di sedie disposte di fronte a un palcoscenico; eppure stavolta non è su quel palco che ha luogo lo spettacolo. Così è (o mi pare) di Elio Germano è una pièce in VR che accade davanti agli occhi e alle orecchie di ogni singolo spettatore, attraverso un paio di cuffie e un visore che ciascuno è chiamato a indossare all’inizio dello spettacolo. La produzione di Fondazione Teatro della Toscana e Infinito Produzioni Teatrali, che ha ricevuto la supervisione di Omar Rachid per la messa a punto del meccanismo di realtà virtuale, ha avuto luogo presso il Teatro Franco Parenti dal 10 gennaio al 6 febbraio 2022.
Mentre un assistente tecnico, all’inizio dello spettacolo, fornisce le istruzioni necessarie per indossare i dispositivi, fra le sedute serpeggiano curiosità e spaesamento. Per la maggior parte del pubblico si tratta infatti di un’esperienza totalmente nuova; molti armeggiano impacciati con i visori e le cuffie da indossare e chiedono aiuto ai propri vicini; qualche spettatore distratto è addirittura arrivato impreparato e si stupisce di non assistere a uno spettacolo tradizionale nelle modalità. Ma quando la performance ha inizio tutto (pubblico, palcoscenico, perfino il proprio corpo) scompare: ciascuno si ritrova immersoda solo all’interno di questa esperienza collettiva. È come guardare un film ma dal suo interno; girando la testa si può esplorare lo spazio intorno a sé. Durante la performance non mancano piccoli inciampi tecnici, risolti però con grande prontezza dalla maschera e dal tecnico presenti in sala, per permetterci di tornare subito all’immersione totale nel lussuoso salotto della benestante famiglia Agazzi.
La vicenda (così come il titolo) si discosta poco dall’originale pirandelliano, i cui temi sono anzi rafforzati e approfonditi dalla modalità scelta: servirsi della realtà virtuale per raccontare leidentità sfaccettate e inafferrabili di cui Pirandello ci parla è infatti una decisione azzeccata e tutt’altro che casuale, con tutte le riflessioni sullo statuto di verità che la VR suscita.
Ai personaggi di Così è (se vi pare) è stato aggiunto il Commendatore Laudisi, l’anziano padre di Lamberto e Amalia, che si limita a guardare quello che accade emettendo di tanto in tanto una sardonica risata dalla sua sedia a rotelle; è questo il punto di vista da cui il pubblico osserva la scena, inventato appositamente per giustificare il suo sguardo. Il motore della vicenda, come per Pirandello, è il pettegolezzo, che nel salotto borghese degli Agazzi e Laudisi trova il suo luogo di elezione più iconica. Gruppi Whatsapp e ricerche su Facebook effettuate dai personaggi in scena ingigantiscono le loro incredibili capacità di non farsi mai gli affari propri, acuite dalla curiosità di poter mettere le mani su un gossip fuori dall’ordinario come gli scabrosi segreti familiari del Signor Ponza e della signora Frola. Solo Lamberto Laudisi, interpretato proprio da Elio Germano, cerca di opporsi alla morbosità di amici e parenti e di mettere in discussione la possibilità del raggiungimento della verità.
Rispetto a Pirandello possono cambiare lessico e mezzi, ma la storia rimane efficace e fedele al testo originale. Non si è mai stati a tal punto uno, nessuno e centomila quanto nella realtà ampliata dal digitale in cui viviamo oggi.