Un libro sui proustiani
di Lorenzo Cazzulani
Al Teatro Franco Parenti Alessandro Piperno, scrittore e professore universitario, presenta un libro che non parla di Proust. Proust senza tempo (ed. Mondadori) parla invece dei proustiani: «Una particolare categoria umana», come afferma l’autore. Dopo una breve introduzione Piperno è accolto calorosamente dal pubblico in sala; un pubblico diverso da quello che potrebbe apparire in una tradizionale messinscena. La platea risulta essere profondamente eterogenea: giovani ragazzi in età da liceo, anziane signore con la loro profumatissima copia del libro appena acquistato poggiata in grembo, distinti rappresentanti di case editrici e infine alcuni individui al di fuori di ogni schematizzazione, amatori e lettori compulsivi.
Il pubblico variopinto manifesta un’atmosfera di informalità, molto diversa da quella vicina alla sacralità che avvolge una rappresentazione canonica. L’incipit con cui Alessandro Piperno apre il suo discorso ne è l’esempio: «Vi voglio raccontare una storia personale». Tuttavia, la storia in questione, se non per un importantissimo protagonista, si presenta come irrilevante da un punto di vista esclusivamente concettuale; una vicenda costruita su di un professore di mezza età che lavora in una biblioteca a qualche isolato dalla sua abitazione e su di una giovane bibliotecaria avvenente che non nasconde la sua simpatia e reverenza per lo scrittore. Il particolare rilevante, invece, è l’invisibile protagonista di questo aneddoto personale di Piperno: il tempo. Lo scrittore di mezza età e la ragazza graziosa, all’interno della storia, dimostrano che il tempo da loro percepito differisce radicalmente da quello dell’altro. E così si arriva a Proust: egli è il romanziere in cui il tempo occupa la casella più eminente, colui che ha sviluppato un romanzo che dispiega il lento divenire di un giovane bambino fino all’età adulta.
Ma chi ama questo genere di narrazione? I proustiani sono una categoria speciale di uomo, come dice l’autore del libro. Si cimentano in un’impresa titanica: leggere 3500 pagine di un romanzo in cui tutto scorre ma niente accade. Piperno elenca le caratteristiche della suddetta curiosa forma di umanità: i proustiani sono snob, saccenti, idolatrano dogmaticamente il loro romanzo. Di più: emergono trasversalmente da ogni ceto sociale e da ogni classe anagrafica. Ecco spiegata la strana eterogeneità del pubblico che occupa la sala.
Ciò che più affascina dell’opera di Proust è il tempo. È questo elemento che irretisce alcuni lettori e li trasforma in ferventi proustiani, come se l’essere un accanito lettore dello scrittore francese costituisse una particolare religione letteraria. Alessandro Piperno racconta tutto ciò con intelligenza e ironia, confessandosi anch’egli un adepto di lunga data di questa quasi comica confraternita. La presentazione termina, come di consueto, tra gli applausi del pubblico: una platea ricolma di proustiani, ora più consapevoli della loro condizione umana.