di Roy Chen
regia Andrée Ruth Shammah
con Fausto Cabra e cast in via di definizione
produzione Teatro Franco Parenti
Nel reparto giovanile di un ospedale psichiatrico di Tel Aviv, cinque adolescenti di età compresa tra i 12 e i 18 anni partecipano alle lezioni teatrali di Naamà, la giovane insegnante che il direttore dell’Istituto, il Dott. Yoresh interpretato da Fausto Cabra, ha voluto per aiutare i ragazzi a esprimere le proprie emozioni.
Chi come me racconta il percorso creativo che Barak, Emanuel, Alma, Tamara/Tom e Bat-Sheva, intraprendono per mettere in scena uno spettacolo scritto e recitato a partire dalle proprie esperienze personali.
I protagonisti saranno interpretati da giovani coetanei, scelti da Andrée Ruth Shammah attraverso un processo di selezione che comprende un provino iniziale seguito da un laboratorio.
L’autore descrive il testo come un’opera sulla potenza curatrice del teatro: “Ho sempre evitato di affermare che ‘l’arte guarisce’, mi sembrava un’asserzione arrogante. Se hai mal di testa, pensavo, non vai a teatro, prendi una pillola. Ma è stato proprio lì che ho visto la forza terapeutica del teatro. Un ragazzo violento è diventato gentile, una ragazza che aveva difficoltà a parlare ha iniziato a cantare. Quando indossiamo una maschera, non siamo noi stessi, e cosa c’è di più liberatorio di questo?”
In Italia il lavoro di Roy Chen è stato scoperto recentemente grazie alla Casa editrice Giuntina, che nel 2022 ha pubblicato Anime – il libro più letto in Israele nel 2020. Questo romanzo ha ottenuto un successo sorprendente ed è stato definito dalla stampa e dai critici letterari come un’opera brillante e divertente, magica e visionaria, sospesa tra sogno e realtà, tra ragione e follia.
D’estate, nel 2019, ho ricevuto una telefonata dal Centro di salute mentale “Abravanel”. (“Era l’ora!” ha commentato mio padre). Mi invitavano ad assistere a una lezione di teatro durante la quale ragazzi tra i dodici e i diciotto anni avrebbero scritto e recitato dei testi teatrali. Ho trascorso con loro molte ore, nelle loro stanze, durante le lezioni, per i pasti e nel cortile del Centro. Ho avuto modo di vedere i loro disegni, leggere le loro poesie e ho giocato con loro a “Chi come me”, un gioco degli anni ’70 nato per “rompere il ghiaccio”. Mi sono aperto con loro, non meno di quanto loro si siano aperti con me. A volte sono tornato a casa con il sorriso, pieno di ottimismo, e a volte non vedevo la strada per le troppe lacrime.
Due maestre di teatro e una biblioterapista hanno portato avanti questo percorso per un mese e alla fine hanno messo in scena uno spettacolo, per un’unica volta, davanti a un pubblico di genitori, dottori e personale del reparto. Sapevo di non poter ripetere quello che avevo visto,ma ho seguito una mia strada. Ho scritto un testo teatrale sul bambino che sono stato, sui miei amici, parte dei quali, sfortunatamente, non sono sopravvissuti all’età dell’adolescenza.
Speravo che questo testo potesse far salire, almeno un po’, il livello di compassione che è sempre a rischio di affievolirsi. Il testo è andato in scena per la prima volta nel 2020 al Teatro Ghesher di Giaffa ed è rimasto in programma fino a oggi con grande successo. È stato poi tradotto in inglese, tedesco, russo e ungherese.
– Roy Chen