drammaturgia originale e regia Sofia Russotto
con Michele Eburnea, Filippo Marone, Gaja Masciale
produzione Colline Far
con il sostegno di BeiRicordi
Una notte qualunque, in una casa come tante, due ragazzi senza desiderio né scopo discutono su come cambiare il mondo, affogando le loro giornate tra musica, alcol e cocaina. Un alto muro di casse e una consolle da dj sono gli strumenti del loro divertimento distruttivo. Il loop tossico della loro quotidianità viene interrotto dall’arrivo di una giovane donna che sconvolge da subito il fragile equilibrio della casa, dando inizio a un pericoloso vortice di eventi che li metterà di fronte alla scelta più difficile della loro vita.
Lei, diventata madre troppo presto e senza un padre riconosciuto per suo figlio, porta nella casa un’energia diversa: insieme ai due ragazzi, incarna una generazione sospesa, prigioniera di una realtà che non sa più riconoscere sé stessa.
Uno spaccato di vita tra il desiderio di cambiare e la tentazione di lasciarsi andare, tra la maternità e la perdita di sé, tra l’abbandono e la rinascita.
La reiterazione delle azioni che compiono, bere e drogarsi, la cui resa è poetica ed efficace all’interno della partitura scenica, fa da sottofondo a una scrittura che di pari passo arriva come un cazzotto nello stomaco.
– Hystrio
Spettacolo di una severità incredibile. Con un’ironia lieve, che fa sorridere senza lasciare spensieratezza. Ma recitato in modo splendido, soprattutto da Michele Eburnea: meraviglioso nella sua discrezione e in quel suo trattenere le emozioni esprimendole attraverso sussulti del corpo; e da Filippo Marone: severissimo nella mimica e nella voce, straordinario nel lasciar trasparire tutta la sua fragilità.
– Pierluigi Pietricola, Sipario
NOTE DELL’AUTRICE
Il nichilismo è alla porta: da dove ci viene questo ospite inquietante, il più inquietante di tutti?
– Nietzsche, Frammenti postumi
L’incapacità di proiettarsi in un futuro, di vedere i propri progetti come qualcosa di connesso a un desiderio profondo. Quell’assistere allo scorrere della vita in terza persona senza esserne granché coinvolti. È questa l’atmosfera in cui sono immersi i tre protagonisti di Gente Spaesata. Vivono di notte perché di giorno nessuno li riconosce, nessuno ha bisogno di loro. Questo lo sanno, e non vogliono sbattere ogni giorno la faccia contro il misconoscimento della propria esistenza.
La cocaina permette loro di ricreare un mondo dove si sentano fautori del proprio destino.
La mancanza di connessione con la realtà li avvicina vorticosamente al desiderio di morte, prospettiva più seducente del costruirsi un futuro incerto in un mondo che non li comprende e che loro non comprendono.