di Tennessee Williams
traduzione Paolo Bertinetti
regia, scene e costumi Luigi Siracusa
con Sara Bertelà e con Stefano Annoni, Silvia Giulia Mendola, Pietro Micci
luci Pasquale Mari
musiche Laurence Mazzoni
produzione Teatro Franco Parenti
Con quest’opera, Williams costrinse per la prima volta l’America a guardarsi allo specchio rispetto a tabù quali omosessualità, sesso, disagio mentale, famiglia come luogo malsano, maschilismo e violenza domestica.
La vicenda di Blanche (Sara Bertelà), Stella (Silvia Giulia Mendola), Stanley (Stefano Annoni) e Mitch (Pietro Micci) si concentra in un universo ristretto e teso, dove il mondo esterno è solo un’eco lontana e la verità è solo intravista. Nello spazio angusto di un bilocale assistiamo al precipizio umano di Blanche DuBois e al suo crollo psicologico, mentre la vita intorno a lei continua indifferente.
Essenziale e ravvicinata, la messa in scena del giovane regista Luigi Siracusa, pone al centro le relazioni tra i quattro protagonisti, osservati attraverso le fessure di una persiana, ripetuta, moltiplicata, dalla quale indagare ed essere indagati.
NOTE DI REGIA – Luigi Siracusa
L’attenzione è sulla periferia umana delle persone indagate in questo racconto: Blanche tra tutti, ma non di meno Stanley, Stella e Mitch. Sono tutte persone alla deriva, che anelano alla propria salvezza, impossibile forse da raggiungere. L’adattamento del lavoro prevede, infatti, solo la presenza di questi quattro personaggi, di cui si sviscerano i rapporti, le relazioni, gli istinti, i desideri in uno spazio scenico che si fa agone tragico in cui storia presente e memoria si mescolano per snodare le questioni che spesso le trame nascondono. Gli attori lavorano su autenticità, onestà, svelamento di intenzioni e segni che li porta a non celare o tenere a bada, forse far tacere, i conflitti che dal primo istante sono palesi. […]
“Liberi, alla deriva, infelici, mostri tra i mostri” è il percorso che tracciano le loro esistenze, dalle illusioni del passato alle delusioni del presente, fino alla speranza senza luce del futuro. Lo spazio scenico è un gioco visivo che si fonda su un solo elemento: quello delle persiane, ripetuto, moltiplicato, fatto parete e soffitto. Un contenitore nel quale indagare ed essere indagati, nascondersi o rifugiarsi ma anche svelarsi e mostrare i propri mostri. È un luogo stretto, affollato, a tratti claustrofobico, a tratti inesistente, dove il continuo via vai restituisce la dimensione di vita comunitaria tipica degli agglomerati urbani cari all’autore e sempre centro della sua scrittura. Uno spazio unico, condiviso, con quasi nessuna privacy, in cui tutti si conoscono e si frequentano, in cui sfuggire agli altri e alle ostilità e alle fatiche di convivenze forzate non è possibile, ma soprattutto in cui fingere è inutile, sia a se stessi che agli altri. E questo, inevitabilmente, ci porta al finale in cui il logorarsi dei rapporti produce le sue conseguenze: fuggire, morire, salvarsi, ripartire, finire, essere ignorati, traditi, tradire, desiderare. Desiderio, mare, Blanche. Dediserio, Blanche. Desiderio.