liberamente ispirato a Il gabbiano di Anton Čechov
regia Natacha Belova e Tita Iacobelli
con Tita Iacobelli
scenografia Natacha Belova
luci Gabriela González, Christian Halkin
musica Simón González dalla canzone La pobre gaviota di Rafael Hernández
in consolle Gauthier Poirier
produzione Ifo Asbl
con il sostegno di Financiamiento del Fondo Nacional para la Cultura y las Artes, Chili, la Fédération Wallonie Bruxelles-arts de la scène – service interdisciplinaire
in coproduzione con Mars-Mons arts de la scène, Théâtre Des Martyrs à Bruxelles, Atelier Jean Vilar à Louvain-la-Neuve
Miglior Spettacolo e Migliore Attrice, Círculo de Críticos de Arte de Chile, 2018
Premio del Pubblico come Migliore messa in scena dell’anno (premio Clap, 2018)
rassegna La Grande Età
È un viaggio al limite della performance, un’immersione nella vita, inevitabilmente sfaccettata, di una grande attrice. È un infinito mise en abîme, un continuo gioco di specchi: una vecchia attrice nel crepuscolo della sua carriera torna a recitare sotto forma di burattino a misura d’uomo, che altro non è che la versione invecchiata dell’interprete Tita Iacobelli.
Uno spettacolo delicato e poetico.
Uno spettacolo delicato e poetico.
Uno spettacolo delicato e poetico.
LA TRAMA
Nel camerino si muove smarrita una vecchia attrice. Una giovane donna le si avvicina e le ricorda la ragione della sua presenza: interpretare il ruolo di Arkadina ne Il gabbiano di Anton Čechov.
Sarà il suo ultimo ruolo. La sua memoria vacilla ma anche se non sa più chi è e non ricorda la sua parte, vuole comunque andare in scena. L’attrice confonde personaggio e memoria personale, la finzione si intreccia alla realtà.
Ed è così che Tchaïka (gabbiano in russo) come ne Il gabbiano, erra fra passato e futuro, fra disillusioni e speranze, e prosegue per la sua strada.
Tchaïka è un grande spettacolo: è sia una lezione di scrittura, recitazione e manipolazione, sia un’opera profondamente commovente.
Preparatevi per un viaggio di un’ora, al limite tra ruolo mitico e paranoia, un’immersione nella vita inevitabilmente molteplice di una grande attrice e nei molteplici ruoli che ha interpretato. Questa non è più una stanza ma una cascata di specchi, un’infinita mise en abyme: una vecchia attrice, al tramonto della sua carriera, torna a recitare sotto forma di un burattino a grandezza naturale, che non è altro che il doppio invecchiato dell’attrice che la manipola.
– Le Soir Belgique
Tchaïka parla di teatro e arte, di realtà e finzione, di vecchiaia e morte. Ma lo fa in modo buffo e poetico, ironico e spirituale. La luce e il buio prefigurano un senso di vuoto che non è un addio, solo un modo per congedarsi da un capitolo della propria vita per avviarne un altro, forse più introspettivo. Inquietudine e passione. Tchaïka galleggia con sorprendente disinvoltura tra un capolavoro del teatro classico, il teatro di figura e la performance. Questo lavoro sobrio con marionetta e oggetti è un pezzo folle sugli abissi del teatro. Con la consapevolezza che forse solo in età avanzata possono sorgere dall’intimo profondità che da giovani non si riesce a cogliere.
– Vincenzo Sardelli, klpteatro
Si rimane senza parole. Loco è arte, è la capacità di far esplodere un testo. Un racconto assurdo sul crinale tra ragione e follia, ispirato a Memorie di un pazzo di Nikolaj Gogol’, alla vita e alla malattia mentale dello stesso Gogol’ e in parte alle nostre esperienze personali.