di Giovanni Testori
regia Andrée Ruth Shammah
con Marina Rocco, Alberto Astorri,
Mariella Valentini e Filippo Lai
scene Gianmaurizio Fercioni
musiche Fiorenzo Carpi
produzione Teatro Franco Parenti / Fondazione Teatro della Toscana
Testori, un grande, grandissimo scrittore che quando ha scritto per il Teatro ha fatto nascere personaggi femminili indimenticabili come non ne esistono nel teatro di prosa, non solo in Italia ma credo nel mondo. Una di queste eccezionali figure è sicuramente quella nata per prima, l’unico personaggio vincente di Testori, quello che grida al mondo la potenza della passione, l’amore per la vita vissuta fuori da ogni costrizione, convenzione, compromesso: è La Maria Brasca.
Negli anni ‘60 fu Franca Valeri a farla esistere sul palcoscenico ma poi, con la mia regia, per anni è stata il grande successo di Adriana Asti e ora, nei 100 anni dalla nascita di Testori e nella stagione del cinquantesimo del Parenti è necessario un passaggio di testimone per continuare a far vivere sulla scena questa esplosione di energia che ci diverte e ci commuove.
Dopo essere stata la mia protagonista ne Gli Innamorati di Goldoni, Ondine di Giraudoux e, più recentemente una memorabile Nora in Casa di Bambola, Marina Rocco è sicuramente l’attrice perfetta per entrare in questo spettacolo e farlo rivivere così come ha vissuto per tanti anni nell’edizione amata dal suo autore che, a una tra le innumerevoli recite, venne a prendersi gli ultimi interminabili applausi sul palcoscenico dell’allora Salone Pier Lombardo, palcoscenico dal quale oggi lo spettacolo deve ripartire. Sento, adesso, a trent’anni dalla prima edizione e ventitré dalla ripresa, la necessità di far rinascere “quello” spettacolo, quello e non un altro perché, affascinata da quella volontà di Maria di non cedere, di difendere tutto ciò che rappresenta la sua vita e non aver paura di parlare di felicità (uno stato d’animo così prezioso ma assente nel teatro di Testori e così raro nella drammaturgia contemporanea) credo sia importante rilanciarlo nel tempo futuro per altre centinaia di recite.
Io ci credo, succederà perché il testo è ancora così fresco, potente nel messaggio e lo spettacolo fa vibrare la comunicazione tra divertimento (le scene con le sorelle sono irresistibili) e commozione (lei che rimane in sottoveste in cucina, disperata) e il gran finale in dialogo con il pubblico, un finale positivo che lascia gli spettatori divertiti, con lo stimolo a vivere le proprie passioni e i singoli desideri con grande fiducia e allegria! Un gruppo di attori formidabili e affiatati, la scena una delle più belle del mio scenografo storico Gian Maurizio Fercioni e le indimenticabili musiche di Fiorenzo Carpi. Sì, ne sono certa, è il momento giusto per far rivivere questo capolavoro e questo mio spettacolo così fortunato, per chi non l’ha visto e per quelli che vorranno rivederlo.
Andrée Ruth Shammah
Dopo il tutto esaurito della scorsa stagione, torna al Parenti Silvio Orlando, in stato di grazia, superlativo nello spettacolo da lui stesso diretto. Con leggerezza e ironia, ci conduce dentro le pagine del capolavoro di Romain Gary, dove la commozione e il divertimento si inseguono senza respiro.
Nell’anno del suo Cinquantesimo e a quattrocento anni dalla nascita di Molière, il Parenti dà inizio a una trilogia dedicata al drammaturgo francese partendo proprio da quel Malato immaginario che agli inizi degli anni ’80 irruppe nel teatro italiano nel coraggioso allestimento di Andrée Ruth Shammah, con uno straordinario Franco Parenti nel ruolo di Argan. Ad interpretare il malato, torna con intelligenza e ironia, Gioele Dix, già protagonista della pièce nell’allestimento 2016 che registrò allora un mese di sold out.
La bravissima Milena Vukotic, una vera signora del teatro, dà vita all’anziana Daisy in una storia delicata e divertente, capace di raccontare con umorismo un tema complesso come quello del razzismo nell’America del dopoguerra.
Dopo il successo della scorsa stagione, torna al teatro Parenti uno degli atti unici più conosciuti di un gigante della drammaturgia come Eugène Labiche. Uno spettacolo leggero e divertente, una riflessione sull’insensatezza e l’assurdità della vita. Regia Andrée Ruth Shammah, con Massimo Dapporto e Antonello Fassari.