NINE BELLS
coreografia Valerio Longo
regia, scene e costumi Valerio Longo e Carlo Cerri
musica Nine Bells di Tom Johnson
eseguita dal vivo da Simone Beneventi
luci Carlo Cerri
consulente critico Giuseppe Distefano
interpreti Valerio Longo e Simone Beneventi
produzione Fondazione Nazionale della Danza / Aterballetto
in collaborazione con Associazione La Sfera Danza
PASIPHAE
coreografia Diego Tortelli
drammaturgia musicale Francesco Sacco
assistente alla coreografia Selene Manzoni
danzatori Vanessa Loi, Anita Lorusso, Giuseppe Morello
produzione Fondazione Nazionale della Danza
Nine Bells è una performance per un danzatore-coreografo, un percussionista, nove campane e un light designer, sull’opera omonima del compositore Tom Johnson, nata dall’incontro di Valerio Longo con la musica del percussionista Simone Beneventi, già premiato con il Leone d’argento alla Biennale musica di Venezia 2010.
La musica è prodotta dai rintocchi delle campane, seguendo precisi percorsi intorno all’installazione. Il pezzo induce quindi a camminare moltissimo, più o meno rapidamente, e il rumore dei passi è parte integrante dell’opera. Esplorando sistematicamente tutti i possibili percorsi, dal momento che il percussionista colpisce ogni campana al suo passaggio, risultano anche tutte le possibili melodie.
Pasiphae s’ispira alla figura della moglie di Minosse e madre del Minotauro, icona e punto di contatto tra il mondo degli dei, degli uomini e della loro negazione, la bestialità.
In scena tre danzatori che creano un quadro astratto, dove gli aspetti più incisivi della narrazione divengono danza e metafora di un mito simbolo dell’inconscio collettivo, dell’uomo nel suo rapporto con il divino. Su quest’umanità messa in scena interviene con prepotenza disattesa il volere del Dio, a condizionare e ribadirela propria capacità di imporsi.
Se l’ineluttabilità degli eventi è dunque l’elemento chiave di Pasiphae, raggiungere i confini dell’umano e superarli è l’altro motore concettuale della performance: movimenti distorti, maschere de-umanizzanti che trasfigurano i corpi, frequenze sonore al limite dell’udibilità creano una dimensione dove l’uomo si confronta con la sua stessa negazione, cercando di mantenersi in equilibrio su un confine che diviene sempre più sfumato.