curatela Jean Blanchaert
allestimento di Fabio Cherstich
con la collaborazione di Diletta Ferruzzi
Al centro dell’opera di Bruno Pellegrino volti umani, “primi piani” che si affacciano sulla tela a evocare caratteri e modi di essere, a chiedere e spesso restituire lo sguardo. Per la sua ricerca di una quintessenza dell’umano che fa di ogni volto la sua unicità, la mostra milanese di Pellegrino sarà composta da un centinaio di opere e pensata come un’installazione, curata dal regista Fabio Cherstich, in cui i volti appariranno come personaggi, parti di una visione immaginata, accompagnati, attraverso un lavoro di ricerca drammaturgica, da frasi, suoni e musiche.
Nel 2013 il Vittoriale di Roma ha dedicato a questo artista una grande mostra, a cura di Duccio Trombadori e Paolo Portoghesi.
Paolo Portoghesi
Crea figure che ci guardano con i loro occhi pieni d’acqua e di malinconia oppure asciutti e penetranti come raggi laser. I suoi personaggi sono sempre eleganti, hanno sciarpe rosa, cappelli turchesi e tuniche inventate dal pittore stesso. Gli sfondi rossi e verdi sembrano provenire dalla ritrattistica tedesca del ‘400 e alcuni di questi volti sono imparentati con l’uomo che cadde sulla terra di David Bowie. A volte, queste facce sono dipinte verticalmente come bandiere nazionali, altre volte invece, sono pettinate come l’ultimo dei mohicani. Nomenomen: ognuno ha il suo destino. Bruno Pellegrino non ha saputo, non ha potuto ma soprattutto non ha voluto staccarsi dal magnifico suono del luogo dove è nato, nel Beneventano. È venuto al mondo ad Amorosi e da quel momento i suoi gesti sono stati tutti amorosi. Bruno Pellegrino non vuole apparire sapiente eppure lo è, anche quando dipinge un’umanità viva e al tempo stesso irreale. Creature che esistono sebbene mai nate. L’immaginazione si fa materia viva. Presenze che alludono, suggeriscono, raccontano richiamando memorie. Volti, figure, occhi, sguardi, pensieri e ricordi. Segni e colori, forme su carta, tele, plastica, ferro, ottone, legno. Dove si può. È materia prima per la rappresentazione teatrale. La fantasia della pittura diventa teatro dell’anima.
Jean Blanchaert